era un discorso fatto anni fa quindi vado un po' a braccio; il nocciolo verteva sulla considerazione che quando si prende coscienza di un modo diverso di fare game design rispetto ad alcuni tradizionali, una delle possibili strade passa spesso dal mettere una regola per tutto (il carico, l'ingombro, lo stile della spada, i metri di caduta libera rispetto alla gravità attuale...), per poi sfociare nell'opposto dove si toglie tutto e si da in mano al master.
Ai tempi mi avevi aiutato a riflettere che le "regole per tutto" possono esistere, a patto che il gioco parli di tutto, un design più interessante può essere invece trovare quale sia il cuore di un gioco, e creare regole per quello o intorno a quello, e lasciare stare il resto, non per ignorarlo, ma perché obiettivamente potrebbe essere poco interessante o eccessivamente complesso nel gestire casi marginali.
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Sì, ma aggiungo che un gioco che parla di tutto è un gioco che non parla di niente. Per me i giochi possono avere obiettivi esperienziali molto ampi, ma non possono davvero parlare di tutto. Altrimenti a qualcuno toccherà, per forza di cose, restringere il campo a una dimensione praticabile, attraverso il play design. Che è un modo che gli ideatori di giochi hanno per pubblicare giochi incompleti dicendoti che tanto “ci giochi come vuoi”. Per vendere un non lavoro, insomma. Per me non è etico.
P.S. Ci tenevo a dirvi che mi piace un sacco il vostro logo. Voglio vederlo su dei giochi finiti. 😉
beh, Karma è finito... lo abbiamo dato in mano all'impaginatrice (e se lo modifichiamo ci mena). Certo ulteriori (ne sono stati fatti un paio) blind-playtest potrebbero eventualmente evidenziare particolari rotture ma per noi quel gioco è concluso.
Sono al 101% d'accordo sul "tutto == niente", c'è chi non la vede così, a ognuno la propria opinione; sicuramente grazie a te, non solo ma in grande parte, noi siamo orientati a decidere esattamente di cosa vuole parlare un gioco (piccolo o grande che sia l'argomento) e a fare design su quello, senza cadere nell'errore di pensare che focalizzato sia limitato.
Assolutamente. L’altro giorno un amico mi accusava di amare solo i giochi molto focalizzati. Ma dico: io sono lo stesso che ha scritto Tirnath-en-Êl Annûn e che adora Sagas of the Icelanders. I giochi brevi e focalizzati sono delle poesie, dei racconti brevi; i giochi grossi e lunghi sono dei romanzi. Scrivere poesie o racconti brevi non è più facile di scrivere un romanzo, ma di sicuro richiede meno tempo. Uno deve capire perché scrivo soprattutto giochi brevi e focalizzati, e non dare per scontato che non possa scrivere anche giochi lungi ed estesi. È solo una questione di tempo e risorse.
E mi fa molto piacere sapere che lo state per pubblicare.