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Eccomi qui!

Il gioco mi è piaciuto molto.
Carine le idee dei titoli posti come domande, che in un gioco breve e dedicato a non giocatori sembra davvero seguire il filo logico delle domande.

Il gioco prende un racconto e sostanzialmente ci ricama attorno un'esperienza di gioco, ribadendo il significato stesso del racconto e dei temi buzzatiani, però aggiungendo qualcosa di più specifico. In questo lo trovo davvero molto centrato.

Semplice nelle regole e scritto in maniera abbastanza scorrevole e facile da apprendere.
Sono belle le immagini a corredo, anche se il fatto di ingrossare così tanto il numero di pagine lo rende paradossalmente meno fruibile quando uno lo vuole scorrere per verificare delle regole o delle cose dette.

Carino come hai legato le norme di sicurezza al tavolo come aspetti del "cosa può fare chi ascolta".

In principio non ero molto persuaso della proposta di interpretare un altro giocatore, ma poi la lettura del gioco nella sua completezza mi ha fatto completamente ricredere.

Il paragrafo "perché abbiamo bisogno di un timer" è posizionato in modo prematuro, perché introduce (senza spiegare) troppe regole del gioco, dalla situazione generale (Lo metterei almeno dopo il "cosa ci raccontiamo a vicenda")... Ma se preferisci lasciarlo lì ha il suo senso...

Non metterei strettamente un vincolo temporale negli episodi del racconto (le porzioni di viaggio). Direi anzi che possono essere narrati in modo non cronologico.

Gli aspetti più di critica meccanica del gioco, vertono su due punti:

1- Non sono del tutto persuaso dalla matematica del gioco. i minuti scorrono veloci, e molto in frett raggiunge cifre che non sono facili da raggiungere col tiro di dadi. Chi racconta dopo (già al terzo turno) comincia ad essere molto svantaggiato e questa ansia può portare a un comportamento molesto per cui chi chiede dopo può forzare la mano a fare in fretta a chi narra per primo.
I dieci dadi sono davvero pochi, per due motivi, primo perché ipotizzando che uno vada bene, non ne avrà più di 4 o 5 e dopo 20 minuti di partita avrà probabilità molto scarse di avere successo  (io suggerirei i d10, o ancora meglio e più in linea con il racconto delle carte, come le piacentine, le napoletane o i tarocchi minori). Il secondo motivo è che per il tipo di gioco è più bello incentivare quella meccanica di ricerca dell'approvazione di quello che si imita, provando il più possibile per avere più rinforzi possibili. 10 dadi sono pochi, mentre 40 carte (o più) permettono più libertà nella concessione e questo può garantire di premiare meglio quelli più in sintonia (e la sintonia aiuta la felicità reciproca).
C'è anche una sorta di contraddizione meccanica. Da un lato per avere più dadi uno sarebbe stimolato ad aspettare ed accumulare. MA praticamente se non lo fai subito, sei fuori di sicuro. Inoltre, di fatto provare e riuscire subito è un evento parzialmente indesiderabile perché fa uscire il giocatore dal gioco (felicità trovata, io sono a posto). Piuttosto sarebbe bello stimolare il fallimento, e la possibilità di riprovare più volte, proprio in un circuito per cui meglio provare ogni volta, sapere di dover fallire  ma col fallimento guadagnare la possibilità di un "payback" che mi aiuti comunque ad avvicinarmi. Ti do una proposta parziale col prossimo punto.

2- La prova in sé ha alcuni aspetti migliorabili.
Da psicologo ho la sensazione che per come è fatta sia molto difficile e frustrante riuscire a indovinare la felicità altrui. Questo perché può essere qualsiasi cosa, su qualsiasi argomento e avere anche un grado di dettaglio a piacere (è diverso "avere un abbraccio ora" da "abbracciare mio padre"). Addirittura fallire una prova non mi da nemmeno un contributo reale per capire quanto sia vicino o lontano dalla situazione. E neppure ho possibilità di averne durante il racconto perché i dadi che il giocatore mi concede sono muti, per chissà quali motivi (paradossalmente anche non legati alla felicità, ma solo al fatto che lui si riconosce nel mio agire, ma che magari non c'entrano nulla o implicano nulla con la mia felicità. Ad esempio premio con un dado perché ha fatto una battuta tipica delle mie, e già non è chiaro che io l'abbia premiato per quello e non per qualcos'altro, ma il fatto che premi la battuta, non porta alcun vantaggio a sapere che la mia felicità sarebbe "stringere il mio cuscino d'infanzia").
A mio avviso va trovato qualcosa di più efficace per permettere l'esplorazione e i suggerimenti. Tenendo comunque conto del tempo brevissimo.
Inoltre è un po' disfunzionale il meccanismo in sé: Tiro solo per aver diritto a provare a indovinare, se fallisco ho danno minimo, ma non succede nulla e anche il tiro in sé è extradiegetico (cioè lo fa il giocatore in modo totalmente avulso). E se ho successo, guadagno solo il diritto a tentare, poi tento e magari fallisco non succede nulla di male (e tutta questa meccanica rimane sempre extradiegetica).
Insomma c'è un po' poca eleganza in questa doppia possibilità di fallimento e nel fatto che rimane sempre tutto fuori dal vero gioco narrativo.

Potrei al minimo suggerire alcune proposte.
La più importante è che un fallimento non comporti una perdita, bensì un aumento di dadi (o carte, e posto che a mio avviso ne servono molti di più, in abbondanza). Così che fallire non mi fa perdere qualcosa e basta e io sia stimolato a provare e riprovare.
La seconda, altrettanto importante, è che nel caso io tenti e fallisca, ottenga un premio minore (ad esempio con le carte, che per ogni carta rossa l'altro possa darmi un suggerimento, o debba rispondere vagamente a una mia domanda con un sì o no). Devo mettere in gioco una possibilità di aiuto o non se la cavano... Se fossero dadi, invece di carte, potrebbe essere i numeri dal valore pari, oppure i numeri dal 4 in sù (o 6 in sù se fossero d10).
Lasciando tutto invariato come struttura dei d6 (e magari anche il numero) valuterei almeno il contrario, cioè che la difficoltà sia data da 60 meno i minuti trascorsi. con un numero di dadi basso, anche 18 minuti restanti possono essere una prova difficile da superare.

Alcune cose extra.

Non sono poi sicuro di cosa tu intenda per l'età calcolata dal timer. Avrò un età la prima volta che parlo e una seconda (e terza) età la seconda volta che parlo? credo vada chiarito meglio.
Farei anche qualcosa per spingere un minimo l'immaginario per cui sono personaggi alle soglie delle mura di Anagoor e non giocatori attorno a un tavolo a raccontare. QUalche intro e presentazione a giro dei personaggi "nella scena, da descivere" così da ricreare l'immaginato condiviso della scena in cui bivaccano e si raccontano storie. Altrimenti quel livello intermedio sfuma...

Bellissimo gioco, comunque! Spero davvero tu lo rifinisca presto e gli possa dare una forma ufficiale!

(+1)

Grazie infinite.

La tua analisi è dettagliatissima e più che utile.

La rileggerò con estrema cura e penso possa essere una bella occasione la prossima Permafrost per limare e ripensare per bene al tutto.

Il poco tempo, la mia tipica goffaggine con le parti matematiche e l’inesperienza hanno giocato la loro parte, ma grazie a commenti come questo si da dove ripartire.

Nei giochi che scrivo mi concentro molto sull’esperienza in sé, per lavoro e formazione personale so di avere delle ottime carte da giocarmi. Devo decisamente crescere dal punto di vista proprio di game design.

Mi impegnerò 💪

Grazie infinite 💖