Indie game storeFree gamesFun gamesHorror games
Game developmentAssetsComics
SalesBundles
Jobs
Tags
(1 edit) (+2)

Eccomi finalmente al commentare questo gioco.

Sono sempre un po' in difficoltà ad approcciarmi ai giochi di Daniele, perché lo considero un designer molto più preparato e talentuoso di me e con una capacità di esplorare meccaniche inusuali che ben si sposano con le tematiche del gioco.
E questo nuovo ingresso non fa eccezioni.

Conosco bene il design di Daniele e sono in grado di riconoscere il suo stile, d'altronde è la prima volta che mi approccio a un gioco di Greta e questo mi porterà inevitabilmente a non comprendere esattamente quale sia stata la sua parte fondante, me ne scuso.

Sotto diversi punti di vista vedo il gioco instaurarsi bene all'interno della filosofia recente di Daniele: c'è quella poesia, quel lirico e una forte concentrazione sulle relazioni ed emozioni e un testo che per certi versi sembra essere capace di condurti autonomamente verso quella poesia. C'è molto intimismo e soprattutto, si nota uno degli sforzi recenti dichiarati anche pubblicamente di lavorare su un design di gioco che NON si concentri sulla conflittualità.

Ammetto che, un po' per riverenza, un po' per come è scritto bene, avevo sottovalutato alcuni punti che in una seconda lettura ho trovato più critici.

Il gioco è scritto davvero bene, vorrei avere quella stessa capacità, non solo per le procedure, ma anche per riuscire a ritagliare spazi sul tono e sulle consegne estetiche che chiariscono in modo inequivocabile le impronte digitali dell'esperienza di gioco che dovrebbe veicolare.

Ci sono poi una serie di aspetti che sono, in termini di design, delle bellissime trovate, in un certo senso innovative, in altri sensi molto coinvolgenti. Io stesso adoro i rituali e non posso non apprezzare l'intimismo materico che avviene nel produrre la mappa, nel gioco dei pennarelli, nel delicato tocco di una mano e nell'uso azzeccato dell'indelebile.

Sento forte echi di giochi, come Società dei Sognatori (e in generale l'esperienza norvegese) e un chiarissimo riferimento ai GO di S/lay w/me.. c'è anche qualcosa da boardgame, nel gestire il mazzo di carte. Sui temi sento invece echi di tanta "letteratura" per ragazzi, da Gaiman a IT, echi di un Ponte per Terabithia, Labyrinth o il Paese delle creature selvagge

è un gioco che nasce già abbastanza maturo, e immagino ci fosse anche di più considerando che è noto che avete dovuto tagliare per rimanere nei limiti.

Ci sono alcuni punti su cui vorrei stimolare qualche riflessione.

1- in fase di ideazione dei personaggi sento in parte la mancanza delle relazioni attorno a loro, se da un lato ciò non è un male, dall'altro sento una fortissima concentrazione su loro due e l'ambientazione, cosa che potrebbe anche, nello svolgersi della partita qualche difficoltà (considerando anche i modi operativi con cui si genera la storia) come se ci fossero solo i protagonisti un po' troppo sospesi nel tempo e spazio.

2- se penso a quando si gioca ho qualche difficoltà a concepire, durante una partita la separazione e l'unione dei due luoghi. Ci sta che soprattutto il lato fantastico possa essere esplorato in modo emergente sul momento. E ci può stare che una certa vaghezza nel testo aiuti ogni singola coppia di giocatori a creare le loro sintonie specifiche. Però io sono sempre dell'idea che troppa vaghezza generi confusione e indecisione che poi non veicoli bene l'esperienza di gioco. Soprattutto nel passato, quando i mondi sono connessi, non è chiaro come l'unione tra i due diversi mondi possa emergere. Inoltre immagino la difficoltà per chi ha quello più fantastico nel dover cercare di inserire (lui che è costretto a uno sforzo immaginifico maggiore) gli elementi più fantastici, soprattutto nei casi in cui sia l'altro giocatore ad avere l'onere di fare il framing della scena. Senza qualche aiuto, in alcune situazioni, è facile trovarsi in un appiattimento al mondo reale solo con qualche fantasticheria secondaria in più, ma a mio parere questo finisce per minare la reale potenzialità del gioco. Anche solo accorgimenti, come ad esempio una meccanica che riprenda il lavoro secondario degli osservatori in lovecraftesque che specificano l'orrore (qualcosa nella ritualità che intensifichi il fantastico...) potrebbe aiutare.
E questo problema a mio parere torna ad emergere anche nel giorno del compleanno in cui i due tornano insieme, non è chiaro se e quanto i mondi collidano, se uno passi nell'altro mondo. Può essere libera scelta di gioco in gioco, ma allora a mio parere andrebbe reso chiaro nel testo.

3- Mi piace moltissimo l'idea di usare le carte per veicolare il tema della sequenza, ma in questo senso trovo sia una "pigrizia" demandare al jolly il mero essere una tematica presa da quella in "moda". Proprio per il suo valore di chiusura scena avrebbe diritto a determinare delle tematiche di fine tutte sue (e io che sono amante del crunch avrei anche osato distinguere tra nero e rosso, ma mi rendo conto sia esagerato)

4- Ritengo possa esserci del potenziale inespresso nell'uso della mappa. In un certo senso esso aiuta a rappresentare la fiction del gioco, si disegna e scrive come risultante delle istanze narrative del gioco, ma come meccaniche di gioco non sfrutta il disegnare  (o comunque il creare qualcosa sulla mappa) come elemento che intervenga sulla fiction. (è un po' come per le frecce direzionali tra meccaniche e fiction, fiction e meccaniche, si vede la fiction che influisce sulla mappa, ma poco e in modo passivo come la mappa o un suo uso finisca per riflettersi o attivare la fiction).

5- Proprio perché il gioco si concentra sul creare meccaniche che non si imperniano sul conflitto, e lo fanno a mio parere molto bene, io ritengo ci sia un qualcosa di potenzialmente disfunzionale nella Minaccia. Perché sebbene le meccaniche non si impernino sul conflitto, esso però rimane colonna portante del soggetto narrativo. I giocatori sono sempre costretti a tornare sul conflitto sulla minaccia, ma con delle meccaniche che non permettono di affrontare direttamente quel tema. In questo senso sono molte le direzioni che si possono prendere, ma mi viene da pensare che la soluzione possa essere di far rivestire alla Minaccia un ruolo ancor meno importante, ancor meno soggettivizzato. Non è necessario ci sia una "minaccia" a rappresentare simbolicamente l'allontanamento, basta imperniare tutto sul semplice fatto che i mondi si stanno dividendo vago e neutro, lasciando al gioco e ai giocatori di esplorare il perché e il come, in assonanza coi loro desideri di esplorare il perché il crescere e cambiare ti fa allontanare (cosa che magari può non essere un male, cosa che invece l'essenza di una minaccia e quindi un male, può portare a schiacciare).
Inoltre, per come è adesso il testo rischia di esserci una certa ripetitività (soprattutto nelle 3 scene del passato) nel fatto che la minaccia trama per separare i mondi, scene... E viene battuta, e viene battuta, e viene battuta, cosa che magari si replica di nuovo anche nel presente (che in modo divertente diventa comunque passato, col passare delle scene). Questo ripetersi della minaccia che alla fine viene battuta, alla quinta, sesta o settima volta potrebbe cominciare a diventare noiosa. E se ci pensate crea una piccola incongruenza narrativa il fatto che sembra sempre battuta nel passato ma poi comunque sia riuscita a separare i mondi (mi viene in mente il film 3 uomini e una gamba, la partita di calcio, in cui il taglio narrativo ci mostra solo i tre gol e il rigore parato dei protagonisti, ma dopo di scopre che hanno perso 10 a 3).
Ad ultimo, ritengo tutt'altro che facile, considerando sempre come il gameplay è pensato, trovarsi nelle scene del presente a dare una forma più subdola. Comprendo il senso, ma l'asticella da saltare, con questo tipo di gameplay, rischia di essere troppo alta e di mettere i giocatori in difficoltà nel trovare il giusto equilibrio a far emergere la fiction, mentre soppesano la giusta misura tra una minaccia che c'è ma si intravede solo...

6- Ho qualche dubbio e remora sul finale. Sarò un po' drastico, ma perché non riesco a trovare il giusto equilibrio di parole. Alla prima lettura non lo avevo capito granché e ammetto di aver praticamente ignorato la cosa nella pesatura del voto. Ora che l'ho riletto l'ho capito, ma mi sono reso conto che non mi piace granché. Cerco di spiegarmi. Se guardo semplicemente alla meccanica la trovo ispirata, elegante e molto adatta al tipo di gioco che avete scritto. Ma se la guardo nell'economia del tipo di gioco che è, trovo che sia una soluzione un po' monca. Questo perché l'esito e la conclusione della storia viene determinato essenzialmente solo da elementi extradiegetici e non diegetici... Certo, i tratti che vengono scritti emergono dalla fiction, ma il loro rimanere isolati, o il fatto che possano connettersi ad un altro tratto, sono tutte cose che non vengono trattate in fiction, ma determinate a tavolino alla fine. Il fatto stesso che creino forze che determinano un successo o insuccesso sulla minaccia, o che creino un ambiente in cui avviene l'epilogo è totalmente avulso da quanto accaduto fin lì. Davvero lo trovo affascinante, per come è stato concepito e come cala nel contesto del gioco. Ma abbagliante per come un elemento quasi esterno alla narrazione si imponga proprio sul climax finale della narrazione. E di come, se dovessi giocare una seconda volta, come quella meccanica totalmente avulsa dalla narrazione possa influenzare la mia scelta di tratti proprio per far sì che alla fine possa generarsi un contatto.
Magari poi io sbaglio, oppure interpreto male. O semplicemente è giusto così ed è un gioco non nelle mie corde. Però ho davvero la sensazione che lì ci sia un problema.

Spero di essere stato utile!

Sei davvero gentile e super analitico, grazie per questa recensione, davvero!

il fatto che non si capisca quali siano gli apporti miei o di Daniele in realtà trovo che sia un bene, significa che siamo riusciti ad amalgamarci bene, cosa che invece temevamo non fosse successa affatto.

Ti rispondo punto per punto per fare più ordine:

1 - Una cosa che desideravo avere nel gioco è la preparazione breve.  Amo giochi come S/lay w/me, ma detesto il fatto di dover preparare lo scenario prima di iniziare a giocare, e spesso questo mi fa desistere dall'iniziare. Infatti per questo adoro giochi di Daniele come Nontiscordardime o My red goddess, in cui non si deve preparare quasi nulla. La preparazione in questo gioco consiste nel creare un luogo a testa, nel concordare una minaccia, e nel dare al bambino un nome e una caratteristica fisica (cosa che in realtà ho anche intenzione di togliere - questa cosa del design sottrattivo mi sta sfuggendo di mano- ). Per ora non ho riscontrato particolari problemi nella creazione del mondo durante il gioco ne' nel playtest con Daniele ne' in quello con mio fratello (è ancora in corso, giochiamo le scene nei buchi di tempo). Personalmente mi trovo bene a giocare così, perché in questo modo riusciamo a creare il mondo in modo emergente inserendo gli elementi che ci servono di volta in volta, senza attenerci per forza a qualcosa di prestabilito. Ammetto che però potrebbe non funzionare per tutti. Ci ragioneremo e playtesteremo per verificare!

2 - Hai centrato in pieno un mio grande dubbio. Non è facile giocare le scene con i due mondi sovrapposti, e questo nei playtest sta emergendo parecchio. Dobbiamo fare chiarezza sulla cosa, perché succede sempre che emerga più un mondo rispetto all'altro, o che siano presenti personaggi secondari appartenenti ad uno solo dei due mondi. Questo è sicuramente un punto da rivedere! Concordo pienamente con il fatto di dare indicazioni chiare e precise (è una cosa che mi ha insegnato Daniele) e penso che questo errore nel testo sia dovuto anche alla scarsità di playtest. Ci lavoreremo, promesso! Grazie di averlo sottolineato. Per quanto riguarda la maggiore fantasia del mondo fatato non ho trovato stonature o appiattimenti, per ora. Ma playtesteremo anche per verificare questo.

3 - Il jolly è semplicemente una carta speciale che va a chiudere la scena. Abbiamo trovato tematico il fatto di dare peso ai semi giocati in questo modo perché la chiusura di scena facesse "rima" con quello che era appena stato giocato. Insomma volevamo che i semi giocati avessero un peso sul finale della scena, così da mostrare il modo di essere dei bambini, facendo emergere la strada che stanno prendendo durante la crescita. Spero di essere stata esaustiva, ma se non ti convince chiedi pure!

4 - Credo di essere troppo poco esperta per rispondere a questa domanda, e lascio la patata bollente a Daniele !
Scherzi a parte: credo che tu abbia ragione. Ne parleremo e cercheremo una soluzione.

5 - Mi piace come hai analizzato la cosa. Ammetto che è anche un mio dubbio: Non c'è un vero arco narrativo che raggiunge un apice per poi andare verso uno scioglimento, proprio per via del salto tra presente e passato. Spesso la minaccia nel presente non è affatto sconfitta, e questo emerge dai tratti che acquisiscono i ragazzini a fine scena, che mostrano il modo in cui stanno crescendo. Però hai ragione, è una tematica portante del gioco che deve essere analizzata meglio. Mentre ragionavamo sulla creazione ci siamo detti di creare una minaccia per personificare il "qualcosa" che porta i mondi a separarsi, e anche per dare un colore più fantasy al gioco. Personalmente pensavo a Will e Lyra (Nella trilogia "Queste oscure materie") in cui i due protagonisti vivono avventure e affrontano difficoltà, e alla fine si innamorano. La mia intenzione è quella di creare una narrazione avventurosa durante l'infanzia, ma forse non dovremmo correlare la dimensione avventurosa a quella del gioco infantile. Cioè, dovremmo specificare che il passato mostra scorci di un viaggio verso la sconfitta di una minaccia (che viene sconfitta solo nella terza scena, magari) mentre il presente mostra la noia e la disillusione, e magari il ricordo sbiadito e la negazione di ciò che è successo (mi viene in mente il personaggio delle Cronache di Narnia, Susan, che da adulta ricorda Narnia solo come un gioco e non come quacosa di reale). C'è da ragionarci su. Grazie mille per aver stimolato il mio cervello in questa direzione!

6 - Hai perfettamente ragione. C'è qualcosa che non va! Ammetto che è colpa mia. O meglio: ci siamo trovati a dover chiudere in fretta e dopo aver ragionato per ore su un finale sensato abbiamo optato, anche se non del tutto convinti, per questa soluzione. Pensa che playtestando ora sto addirittura pensando di togliere i tratti! Questo scombussolerebbe del tutto la struttura del finale. Quello che voglio mantenere sicuramente sono i semi dominanti nelle scene che ritornano nel finale. Per quanto riguarda l'uso della mappa, hai ragione: dobbiamo trovare un altro modo, più funzionale, per utilizzarla.

Una cosa che sta emergendo dal playtest in corso è che forse il gioco sia troppo lungo. Una cosa che sto valutando è di creare solo due capitoli, e di passare all'epilogo (magari rendendolo più corposo, narrato e integrato con le meccaniche correlate alla mappa) sostituendolo al terzo capitolo e all'epilogo per come è ora. Questo porterebbe a strutturare il gioco in fasi (di nuovo sul modello de "La società dei sognatori"), e la cosa non mi dispiace, anzi, trovo sia molto vicino al mio gusto.

I tuoi commenti sono stati non utili, ma super utili! Hai una capacità di analisi profonda e minuziosa; si vede che ne sai a vagoni e ti ringrazio tantissimo per il tempo che ci hai dedicato, per i tuoi consigli preziosi e per la tua analisi approfondita. La tua recensione è un grande sprone a migliorare il gioco; grazie infinite davvero.